Intervista a Giuseppe Cabras il fotografo toscano si racconta

Oggi parte una nuova rubrica del blog dedicata alle interviste, appena quattro chiacchiere virtuali con i fotografi di professione che saranno stati tanto gentili da concederci qualche prezioso minuto del loro tempo. Oggi vi presentiamo Giuseppe Cabras, che ci racconterà in breve la sua esperienza di fotografo in giro per il mondo, ma ci narrerà anche com\’è nato il progetto \” Fotografo in 140 caratteri\’ di cui abbiamo parlato qui nel blog – https://bloggerv.com/fotografo-140-caratteri-su-radio-firenze-1906 – di che cosa tratterà e al contempo, sprigionando qualche segreto di questo mestiere: il fotografo.

Intervista al fotografo Giuseppe Cabras

 

D. Ciao Giuseppe e grazie per aver accettato il mio invito nel nostro blog. Cominciamo subito presentando ai lettori Giuseppe Cabras: chi è? Quando ha scoperto la sua passione per la fotografia?

R. Ciao. Che io ricordi… ho scoperto che mio padre possedeva una Polaroid. Avrò avuto si e no sei anni. Da li in poi ho sempre avuto per le mani una macchina fotografica, di solito cimeli di famiglia, e alla fine andavano in pezzi e nessuno sapeva rimetterli insieme. Una Ferrania decisamente retrò è stata il primo apparecchio veramente mio. Una foto di classe (sarà stata la terza elementare), ero in gita a Napoli, testimonia che non la mollavo mai.

D. Che cos\’è per te la fotografia?

R. É una forma espressiva, e col tempo e con la carriera giornalistica è diventata un mezzo potente per raccontare quello che accade nel mondo, nella mia città, intorno a me. Non mi sono appassionato un granché al recentissimo dibattito sulla natura artistica o meno della fotografia. Sono convinto che sia possibile fare arte attraverso il mezzo fotografico, ma io lo intendo più come uno strumento narrativo, anche se l\’estetica nel fotoreportage è importante. La fotografia è il punto di vista di chi scatta, un\’opinione. Nel giornalismo diventa un\’arma per il fotografo, un mezzo, un filtro attraverso cui passa la realtà.

D. La tua vita da fotografo ti ha portato in giro per il mondo, qual è il Paese che ti è rimasto nel cuore e perché?

R. Mi ritengo fortunato, ho viaggiato un po\’, anche prima di diventare fotogiornalista. Magari riguardando lavori del passato mi dico che avrei preferito farli con il mio stile attuale, ma fa niente. Mi è piaciuta l\’Australia, multiforme e sorprendente. Gran parte del mio lavoro nella terra dei canguri si è svolta sott\’acqua. Bei tempi. Di recente mi sono appassionato alla tormentata vicenda palestinese. Le contraddizioni di quella terra mi appassionano, le persone ancora di più. Ad oggi sono entrato due volte nella striscia di Gaza, la più recente per coprire l\’aftermath dell\’ultimo conflitto con Israele. Terribile la situazione, magnifica la gente.

D. Tra qualche giorno, il 22 dicembre, parte una tua trasmissione alla radio \” Fotografo in 140 caratteri\’, pochi secondi per sprigionare i trucchi del mestiere, come nasce questo progetto e che cosa argomenterà?

R. Sono stato travolto da questa cosa, spero di riuscire a cavarmela. L\’idea è di un caro amico, Lorenzo, che si è appassionato alla mia attività e mi ha promosso. Più che un corso di fotografia si tratterà di una serie di suggerimenti o \”tips\’ per affrontare la street photography, disciplina regina, importantissima per imparare a relazionarsi con gli estranei impugnando una macchina fotografica. Una volta alla settimana, per 10 capitoli, su Radio Firenze andrà in onda la mia voce per 30\’\’, seguita da un Tweet relativo alla stessa sessione.

D. Che cosa consigli ai fotografi novelli che si affacciano al mondo della fotografia?

R. Di guardare il mondo con entusiasmo e di non fermarsi alla superficie. I luoghi, ma soprattutto le persone, hanno tanto da raccontare, e le storie vanno scovate. E non importa iniziare con un\’attrezzatura professionale anche se non guasterebbe. Ci sono fotografi incredibili che usano solo uno smartphone…

 

Grazie del tempo concesso e di essere stato nostro ospite.

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